Onorevoli Colleghi! - La ratio della nascita delle comunità montane, istituite con la legge 3 dicembre 1971, n. 1102, quali enti di diritto pubblico, era quella di consentire la valorizzazione delle zone montane per l'esercizio di funzioni proprie, di funzioni conferite e per l'esercizio associato delle funzioni comunali.
      Attraverso le comunità montane, infatti, il legislatore mirava a favorire lo sviluppo dei comprensori montani, al fine di eliminare ogni sorta di squilibrio di natura sociale ed economica tra le zone montane e il resto del territorio nazionale, nella convinzione che il riconoscimento di uno status proprio, insieme alla predisposizione di specifici programmi di sviluppo in aree omogenee, potessero consentire alle popolazioni locali migliori condizioni per costituire nei comuni montani la base di una sicura crescita economica.
      Tuttavia, nel corso degli anni, alla realizzazione di questi obiettivi sono state preposte specifiche autorità amministrative, che operano a vari livelli territoriali; si pensi ad esempio agli enti parco e alle riserve, chiamati a svolgere azioni finalizzate alla tutela, alla conservazione e alla migliore fruizione delle aree protette, tenendo conto dell'identità e della sensibilità ambientali delle varie zone e assumendo decisioni concrete, nel rispetto delle specificità che li denotano.
      In particolare, poi, la legge regionale, alla quale il legislatore rinvia per la disciplina e per l'individuazione di aree omogenee, facenti parte delle comunità montane, in base a quanto previsto dal

 

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comma 5 dell'articolo 27 del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, può prevedere anche l'inclusione nelle stesse dei comuni confinanti, con popolazione non superiore a 20.000 abitanti, che siano parte integrante del sistema geografico e socio-economico della comunità.
      Tale previsione ha comportato un vistoso aumento del numero dei comuni appartenenti alle comunità montane e ciò, unito alla contemporanea crescita di tali enti sull'intero territorio nazionale, ha fatto in modo che in molti casi si determinasse una inutile sovrapposizione di ruoli e di competenze tra le comunità montane e i parchi nazionali o regionali.
      Ne sono derivati, pertanto, disfunzioni e rallentamenti procedurali dell'apparato amministrativo che oggi, anche alla luce dell'acceso dibattito sui costi della politica, nonché sull'inefficienza e sull'inefficacia della pubblica amministrazione, rischiano di rallentare e di compromettere ulteriormente la crescita e lo sviluppo dei territori montani e parzialmente montani. Alla luce di quanto testé evidenziato, risulta pertanto necessario operare delle scelte concrete, atte allo snellimento e alla semplificazione della struttura e delle procedure politico-amministrative degli enti pubblici che operano al servizio delle comunità locali; in tale senso appare ormai indispensabile apportare una serie di sostanziali modifiche al citato articolo 27 del testo unico di cui al decreto legislativo n. 267 del 2000, al fine di rendere più organiche ed efficienti le azioni volte allo sviluppo dei territori montani e parzialmente montani, prevedendo, ad esempio: l'introduzione di nuovi parametri e requisiti per la costituzione delle comunità montane; il riordino dei relativi organi rappresentativi; la fissazione di una competenza specifica della legge regionale in materia di comunità montane, ma soprattutto, ed è questo l'aspetto più importante, occorre prevedere una nuova distribuzione degli enti locali che insistono su uno stesso territorio.
      La presente proposta di legge fornisce un'adeguata soluzione in tale senso, prevedendo la soppressione di quelle comunità montane presenti in aree in cui insistono anche enti parco, come è di fatto accaduto in alcune regioni italiane, nello specifico la Sicilia e il Friuli Venezia Giulia, le quali, recentemente, al fine di evitare inutili duplicazioni di ruoli e di competenze, hanno provveduto, con legge regionale, alla soppressione delle comunità montane presenti sul proprio territorio.
      Tale provvedimento permette, infatti, di raggiungere una duplice finalità, favorendo, in primo luogo, un notevole contenimento delle spese, nonché un uso più razionale e organico dei fondi pubblici e, in secondo luogo, una semplificazione dei passaggi amministrativi, senza alcuna incidenza sullo specifico status dei comuni montani, in quanto competenze e fondi saranno semplicemente destinati a un altro organo, quale l'ente parco, che, per le caratteristiche peculiari e per il rapporto con il territorio e la comunità, sarà in grado di ottimizzare le risorse messe a disposizione.
      Questa nuova previsione permetterà agli enti parco di pianificare nuove strategie di sviluppo nei territori di propria competenza, in maniera tale da rendere più organiche e incisive le attività di valorizzazione e di sviluppo dei medesimi territori; allo stesso tempo, le comunità montane avranno la possibilità di concentrare i propri interventi sulle restanti aree, in modo che, attraverso una maggiore e più rigida differenziazione di ruoli e di competenze tra enti parco e comunità montane, si possa ottenere un'effettiva crescita socio-economica delle aree montane e parzialmente montane.
 

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